Il segmento tecnico-professionale dell'istruzione secondaria è stato, fin dalla sua istituzione, il motore dello sviluppo economico del nostro paese.
Cancellati dalla Riforma Moratti nel 2003, gli Istituti tecnici e professionali furono sostituiti in un primo momento con i ''licei vocazionali'', ma, in seguito, grazie alla forte richiesta di Confindustria e Organizzazioni sindacali, recuperati da Fioroni nel 2007. Il ministro Gelmini, che ha lasciato alla commissione De Toni, istituita da Fioroni, il compito di disegnare i nuovi Istituti tecnici e professionali (definiti le scuole dell'innovazione), ha, in più occasioni, indicato uno dei principali obiettivi della Riforma nel rilancio dell'istruzione tecnica e professionale, per offrire una formazione sempre più specifica e adeguata alle richieste del mondo del lavoro.
Secondo i dati oggi disponibili, recentemente confermati dall'ISTAT, il mercato del lavoro in Italia offre le principali e più numerose e interessanti occasioni di occupazione nella filiera tecnico-professionale. Gli istituti specializzati denunciano la necessità, ogni anno, di oltre 110.000 posti di lavoro per gli impieghi tecnico-professionali, posti che non sono occupati per carenza di personale adeguatamente formato; questo a fronte di una disoccupazione giovanile drammaticamente in continuo aumento.
Nell'ultimo decennio il dibattito ha rilevato la necessità del rilancio dell'istruzione tecnica-professionale proprio per colmare la dicotomia tra mercato del lavoro (fabbisogno delle imprese) e scelte scolastiche (figure formate dalla scuola).
Infatti, da anni si assiste a un progressivo calo delle iscrizioni agli Istituti tecnici e professionali, calo accentuato negli ultimi due anni, i primi della Riforma Gelmini del ciclo superiore.
Secondo molti commentatori questo comprometterebbe la possibilità di una ripresa duratura dello sviluppo economico del paese.
Quali sono le ragioni dell'inadeguatezza della Riforma ad invertire la tendenza al calo delle iscrizioni?
Innanzitutto una problematica generale: nella società italiana vi è il luogo comune che la scuola di serie A sia il liceo, mentre la filiera tecnico-professionale rappresenterebbe la scuola di serie B e C. Luogo comune profondamente errato, come dimostrano le realtà dei sistemi scolastici evoluti di molti altri paesi europei e non. Il compito di qualsiasi riforma dovrebbe essere quello di aggredire e confutare questo luogo comune, ma il messaggio che è arrivato a famiglie e studenti è invece ancora quello dell'asimmetria di valore tra indirizzo liceale e tecnico-professionale.
E' vero, tuttavia, che alcuni aspetti della Riforma potrebbero aver addirittura contribuito ad un depotenziamento del segmento tecnico e soprattutto degli Istituti Professionali Statali.
Dopo quasi tre anni dalla Riforma è necessario quindi fare il quadro della situazione per costruire nuove proposte utili al rilancio dell'istruzione tecnica e professionale.