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Audizione_Senato_7_Commissione_esame_Maturita"Obiettivo dell'esame di Maturità è, e deve continuare a essere, certificare a livello nazionale quelle conoscenze, abilità e competenze richieste per il conseguimento del titolo riconosciuto dallo Stato.

Valorizzare le 'competenze' a progressivo scapito del 'sapere' rischia di svuotare di senso l'Esame di Stato a tal punto da indurre alla sua abolizione, un provvedimento che segnerebbe la sconfitta della Scuola della Repubblica e la vittoria della scuola di mercato.

Chiediamo alle forze politiche e al Governo di garantire una normativa di lungo periodo per il funzionamento e le procedure relative all'Esame di Stato. Non si possono cambiare regole e modalità di svolgimento dell'Esame ad ogni cambio di Governo".

È quanto afferma la FGU-Gilda degli Insegnanti nella memoria sull'esame di Maturità illustrata e depositata oggi in occasione dell'audizione in Commissione 7^ al Senato.

Gilda-Unams Gentilissima Ministra,
rinnovandoLe gli auguri di un proficuo lavoro, la FGU-Gilda degli Insegnanti intende con queste note sintetiche rappresentarLe le priorità che ha identificato per il prossimo anno in merito ai tanti problemi aperti nella gestione dell'ex MIUR e che abbisognano di provvedimenti urgenti da parte del Governo.


CONTRATTO
Con il precedente Governo e con l'ex Ministro Fioramonti le OO.SS., compresa la FGU Gilda degli Insegnanti, avevano raggiunto un accordo per la riapertura di una fase contrattuale nuova che portasse finalmente ad una adeguata valorizzazione del lavoro dei docenti e del personale della scuola.

Gli stanziamenti previsti dalla Legge di Bilancio 2020 per i rinnovi contrattuali del Pubblico Impiego risultano ancora oggettivamente insufficienti e ripropongono il problema della divaricazione storica tra le retribuzioni dei docenti e del personale ATA e quelle degli altri comparti del pubblico impiego.

Siamo ben lontani dagli aumenti a tre cifre promessi dal Ministro Fioramonti.


La FGU-Gilda degli Insegnanti chiede che il raggiungimento di un aumento della retribuzione dei docenti almeno a tre cifre nette sia l'obiettivo fondamentale del prossimo contratto. Per ottenere ciò e per implementare i fondi necessari, la nostra organizzazione ribadisce che è possibile e necessario utilizzare tutte le risorse presenti nella legge 107/15.

oss_unitarie
Un presidio con flash mob davanti al MIUR mercoledì 18 dicembre dalle ore 17 alle ore 19. Questa l’iniziativa con cui FLC Cgil, CISL FSUR, UIL Scuola Rua, SNALS Confsal e GILDA Unams danno avvio allo stato di agitazione proclamato ufficialmente dalle segreterie unitarie a causa dei troppi nodi che restano ancora irrisolti nel momento in cui la legge di Bilancio 2020 giunge alle battute finali in Parlamento.
Dopo la riunione degli organismi nazionali al teatro Quirino di Roma, le cinque organizzazioni sindacali rappresentative del comparto Istruzione e Ricerca chiamano ancora alla mobilitazione gruppi dirigenti, quadri e RSU per ribadire con forza gli obiettivi del documento unitario redatto dopo l’evento del 20 novembre.
In testa alle rivendicazioni, l’aumento delle risorse per il rinnovo contrattuale, visto che quelle stanziate nella legge di Bilancio consentono, a regime, un incremento delle retribuzioni di poco superiore all’inflazione: meno di 80 euro medi mensili, ben lontano dall’aumento a “tre cifre” promesso a più riprese.
Le richieste delle sigle sindacali riguardano anche la valorizzazione professionale e la perequazione retributiva rispetto al resto del personale della PA. “Il fatto che oltre il 40% dei lavoratori del comparto beneficia dell’elemento perequativo – affermano Sinopoli, Gissi, Turi, Serafini e Di Meglio - dimostra che le retribuzioni del comparto istruzione e ricerca sono significativamente inferiori a quelle delle altre pubbliche amministrazioni. Se le risorse stanziate per il rinnovo contrattuale sono comprensive della quota necessaria a finanziare il perequativo, l’aumento medio mensile reale si riduce a circa 70 euro: queste - spiegano i leader dei cinque sindacati - devono pertanto essere considerate aggiuntive rispetto a quelle occorrenti per il rinnovo contrattuale. Al fine di conseguire un reale avvicinamento alla media delle retribuzioni europee, è dunque necessario un ulteriore significativo stanziamento”.
Il presidio di mercoledì 18 dicembre punterà i riflettori anche sulle problematiche relative ai punti delle intese del 24 aprile e 1° ottobre rimasti inattuati, a partire dalla questione degli assistenti amministrativi facenti funzioni di DSGA e dal mancato avvio del tavolo di confronto sui percorsi di formazione e abilitazione. I sindacati contestano inoltre le invasioni di campo su materie contrattuali che si stanno compiendo in sede di conversione del decreto scuola, che interviene sulla mobilità del personale docente; insistono inoltre sulla necessità di rivedere la normativa generale sul pubblico impiego e di rifinanziare e rendere più flessibile la composizione e l’utilizzo dei fondi del salario accessorio. Il presidio rilancerà anche le motivazioni delle manifestazioni unitarie del 3 dicembre sulla ricerca e del 16 dicembre sull’università.
Roma, 16 dicembre 2019

Un presidio con flash mob davanti al MIUR mercoledì 18 dicembre dalle ore 17 alle ore 19.

Questa l’iniziativa con cui FLC Cgil, CISL FSUR, UIL Scuola Rua, SNALS Confsal e GILDA Unams danno avvio allo stato di agitazione proclamato ufficialmente dalle segreterie unitarie a causa dei troppi nodi che restano ancora irrisolti nel momento in cui la legge di Bilancio 2020 giunge alle battute finali in Parlamento. 


Dopo la riunione degli organismi nazionali al teatro Quirino di Roma, le cinque organizzazioni sindacali rappresentative del comparto Istruzione e Ricerca chiamano ancora alla mobilitazione gruppi dirigenti, quadri e RSU per ribadire con forza gli obiettivi del documento unitario redatto dopo l’evento del 20 novembre. 


In testa alle rivendicazioni, l’aumento delle risorse per il rinnovo contrattuale, visto che quelle stanziate nella legge di Bilancio consentono, a regime, un incremento delle retribuzioni di poco superiore all’inflazione: meno di 80 euro medi mensili, ben lontano dall’aumento a “tre cifre” promesso a più riprese.