MOBILITÀ 2015/16, AVVIATA LA CONTRATTAZIONE AL MIUR

Lunedì, 17 Novembre 2014 19:54

clil_24_miniGrande affluenza di docenti e molti dirigenti al convegno nazionale organizzato dalla Gilda degli Insegnanti in collaborazione con l’Associazione Docenti Art.33. Il tema proposto infatti è oggetto di ampio dibattito in particolare sulle modalità concrete di organizzazione. Il tutolo del convegno era infatti” CLIL: dalla teoria alla pratica. Criticità e proposte  per quest’ anno scolastico e per “la buona scuola” del futuro.
La metodologia CLIL è stata imposta top-down con la riforma Gelmini nella secondaria di secondo grado con particolare riferimento ai Licei Linguistici e alle ultime classi degli altri Licei e degli Istituti Tecnici con la scelta politica paradossale di lasciare fuori tutta l’istruzione professionale.

E’ stata una proposta fortemente criticata dalla Gilda non tanto negli obiettivi che potevano e dovevano essere di medio-lungo termine, ma per la superficialità e la fretta con cui è stata calata nella realtà della scuola statale italiana che la stessa riforma Gelmini ha profondamente ridimensionato in termini di organici, orari e risorse.
Le nostre proposte di introduzione progressiva in tempi lunghi, di reperimento di specifiche risorse e valorizzazione della formazione dei docenti coinvolti non sono mai state prese in considerazione. Si è voluto invece dare l’illusione all’ utenza” che a partire dall’anno scolastico 2014-15 in tutte le scuole superiori (sempre con l’esclusione degli istituti professionali-scuole di serie B) in tutte le classi terminali ci sarebbe stato l’insegnamento in lingua straniera (l’inglese obbligatoriamente per gli Istituti Tecnici senza possibilità di scelte alternative) di una disciplina non linguistica (DNL) con un esame di Stato che avrebbe visto gli studenti presentare una delle materie non letterarie proposte in lingua straniera.

Per consolidare l’illusione si è addirittura immaginato che i docenti di DNL coinvolti dovessero ottenere una certificazione linguistica pari a C1, livello oggettivamente molto alto e difficilmente conseguibile senza un complesso percorso di formazione specialistico dei docenti a carico dell’amministrazione e con adeguati periodi sabbatici per consentire lo studio non solo della lingua ma anche della metodologia declinata nella disciplina oggetto del CLIL.
La situazione attuale è sotto gli occhi di tutti i docenti: sono pochissimi rispetto alle necessità i docenti che possono vantare competenze linguistiche con livello C1 e una preparazione sufficiente sulla metodologia CLIL. I corsi di formazione promossi dall’amministrazione con le Università vengono offerti in orario extrascolastico senza alcun riconoscimento economico per i frequentanti e sono di fatto finalizzati nella stragrande maggioranza dei casi al conseguimento solo del livello B2 (che dovrebbe essere, sempre nell’immaginario della scuola italiana, il livello conseguito da uno studente di scuola superiore).
Di fronte all’inevitabile disastro l’amministrazione è intervenuta nel luglio di quest’anno con una circolare che prospetta “indicazioni transitorie” per l’applicazione del CLIL nel corrente anno scolastico.
Come è noto in essa si ammette che la situazione attuale è una ancora in una fase di transizione e sperimentalità proponendo una serie di soluzioni finalizzate ad una parvenza di introduzione del CLIL nelle ultime classi della scuola superiore per non contravvenire alla norma superiore prevista nei provvedimenti della riforma Gelmini.

Proprio per affrontare nel concreto il da farsi la Gilda ha organizzato a Venezia il convegno con la finalità di trovare soluzioni e proposte concrete per superare la difficile fase attuale inerente l’applicazione del CLIL.clil_9_mini
Sono state invitati la dottoressa Gisella Langè, ispettrice del MIUR per le lingue straniere e nota come una della promotrici della metodologia CLIL nella scuola italiana, il prof. Graziani Serragiotto dell’Università di Ca’ Foscari che segue in particolare la formazione CLIL e le proposte di riforma delle lauree “quasi” abilitanti promesse dalla “buona scuola “ del governo Renzi, la dottoressa Carmela Palumbo, direttrice generale ordinamenti e autonomia scolastica del MIUR, la direttrice dell’USR Veneto e il direttore dell’UST di Venezia.
A fare da ospite del convegno la prof.ssa Perini, dirigente scolastica dell’IIS Algarotti che ha ospitato il convegno.
La dottoressa Palumbo è stata “dirottata” all’ultimo momento dal ministro Giannini a Milano per sostenere la campagna pubblicitaria della buona scuola renziana, la dottoressa Beltrame dell’USR non è riuscita a venire, ma ha delegato la dott.ssa Donà, ispettrice presso l’USR Veneto a rappresentarla. Del dott. Martino, direttore dell’UST Venezia, nessuna traccia.


Nonostante le assenze il convegno è stato un successo per la partecipazione, per il livello delle relazioni in particolare e per il taglio molto pratico che si è voluto dare all’iniziativa.
La prof.ssa Perini ha messo in luce le criticità che soprattutto i dirigenti devono affrontare nell’applicazione del CLIL nella stragrande maggioranza delle situazioni dove mancano i docenti con competenze adeguate per proporre l’insegnamento con il CLIL in materie non linguistiche. Di fatto si propongono unità di apprendimento cogestite con l’insegnante di lingua inglese (senza alcuna attività in compresenza) che sono ben al di sotto del monte ore proposto dalla circolare del MIUR (50% delle ore dedicate alla metodologia CLIL).

Ha messo anche in rilievo le contraddizioni della norma che non consente agli Istituti Tecnici di poter utilizzare lingue diverse dall’inglese. Ciò pare paradossale nel caso di Istituti per il Turismo e per il Commercio con l’estero dove si insegnano normalmente due o tre lingue straniere.
La dott.ssa Langè, dopo aver ricordato i principi teorici che sostengono la pratica del CLIL ha ribadito in quanto “atti di indirizzo” le indicazioni date dalla circolare del luglio 2014 lasciando ampia autonomia di organizzazione e gestione alle singole scuole. Questi i punti che appaiono di interesse per il dibattito attuale:

  1. Si riconosce che il CLIL potrà andare a regime solo nel medio-lungo periodo (dieci-quindici anni)
  2. Si ribadisce che circolari e normative nella fase attuale non debbono essere vissute dalle scuole come meri adempimenti burocratici essendo ampi i livelli di organizzazione discrizionale della metodologia CLIL
  3. Si rimarca il taglio dei finanziamenti alle attività di formazione sul CLIL effettuati negli ultimi anni da tutti i governi
  4. Si confida che finanziamenti per le attività di formazione CLIL possano attingere nell’immediato futuro ai PON, ai finanziamenti dell’UE che dovrebbero essere dal prossimo anno utilizzabili non solo dalle regioni di convergenza (Sicilia, Campania, Calabria, Puglia)
  5. Si rilancia la proposta che la progettualità CLIL non sia limitata solo alla secondaria di secondo grado, ma venga estesa a partire dalla scuola dell’infanzia con un investimento nei futuri docenti che dovrebbero essere immessi in ruolo dopo il turn over dei prossimi dieci anni.
  6. Per il prossimo esame di maturità sarebbe pronta da tempo una circolare che introduce novità solo per la seconda prova scritta, ma i tempi del MIUR sono ancora troppo lunghi. Si confida che la circolare sia pubblicata a giorni.

clil_35_miniIl prof. Serragiotto ha relazionato sugli aspetti più concreti legati alla formazione e alle future lauree abilitanti. Si prende atto che il conseguimento attuale del livello B2 per molti docenti deve essere visto come fatto positivo poiché consente nel futuro il passaggio al livello C1. Ha inoltre analizzato le difficoltà e le soluzioni concrete per la creazione di un clima di collaborazione tra i docenti del consiglio di classe e nel collegio dei docenti. La proposta è di definire con la riforma del reclutamento dei docenti percorsi obbligatori per il conseguimento di competenze linguistiche di livello certificato B2.
La Dott.Donà, in rappresentanza dell’USR, ha portato i saluti della direttrice dell’USR del Veneto e della Ministra Giannini che è molto sensibile, anche perché glottologa, alle tematiche CLIL e ha dato una panoramica delle attività CLIL nel Veneto e sulle attività di formazione attivate da USR e università.
Dopo le relazioni si è aperto il dibattito con i numerosi presenti. Questi i temi principali e le proposte che i convegnisti hanno espresso in più interventi.

  1. Esiste un diffuso malessere per il fatto che i docenti che si sono resi disponibili a conseguire livelli di competenza per il CLIL ma non siano stati adeguatamente aiutati dall’amministrazione e che le spese (libri, spese viaggi per la frequenza, ecc,) siano totalmente a carico dei corsisti.
  2. Risulta ancora contraddittorio che i corsi universitari non diano automaticamente la certificazione B2 che invece può essere fatta a pagamento solo dagli enti e agenzia autorizzate dal MIUR
  3. Alcuni vorrebbero che nel futuro le competenze dei docenti CLIL fossero riconosciute in termini di carriera.
  4. Alcuni dirigenti scolastici hanno fatto intendere che per far funzionare il CLIL servirebbe la libera scelta dei docenti da parte delle scuole.
  5. In alcuni interventi si è fatto riferimento alle esperienze di altri paesi europei laddove esiste la possibilità di abilitazione in più discipline

Gli interventi di chiusura, con particolare riferimento alla dott.ssa Donà, hanno cercato di dare alcune risposte agli intervenuti al dibattito. In particolare ha chiarito che l’unica certificazione che l’amministrazione può porre a suo carico è quella inerente il C1 mentre il livello B2 è conseguito in modo non certificato dai corsi universitari in atto.
Fabrizio Reberschegg, della Direzione Nazionale della Gilda degli Insegnanti e presidente dell’Associazione Docenti art.33, che ha coordinato il convegno e il dibattito, ha in più occasioni posto in rilievo le seguenti posizioni: 

  1. E’ necessario ripensare complessivamente alla normativa che ha imposto il CLIL con la riforma del 2008 riconoscendone la contraddittorietà e i limiti oggettivi in termini di risorse e organico che la scuola italiana ha anche in tale contesto.
  2. Il CLIL, metodologia meritevole di applicazione condivisa nei curricola di tutte le scuole, ha bisogno per la sua applicazione di tempi lunghi di rodaggio ed è necessario investire risorse nuove soprattutto sui futuri docenti che andranno a sostituire più del 50% del personale della scuola che dovrebbe andare in pensione nei prossimi dieci anni.
  3. Deve essere dato concreto riconoscimento ai docenti impegnati nei corsi di formazione. La scuola italiana non può continuare a sostenere le innovazioni pensate da accademici e teorici della pedagogia solo sul volontariato degli insegnanti.
  4. Poiché l’amministrazione ha proposto il riconoscimento dei docenti impegnati nella formazione CLIL nella bozza dell’imminente contratto sulla mobilità, è opportuno che l’eventuale punteggio aggiuntivo sia limitato alle sole graduatorie interne e che non sia tale da diventare elemento di forte discriminazione rispetto ai tradizionali parametri.
  5. E’ necessario che, prima di procedere alle future lauree “quasi” abilitanti previste dalla riforma del reclutamento, sia fatta chiarezza sulla revisione delle attuali classi di concorso e che siano esplicitati i CFU necessari per il conseguimento dei livelli di certificazione linguistica B2 anche nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria.
  6. In generale la Gilda degli Insegnanti ribadisce che, come avviene nella maggior parte dei paesi UE ed extra UE, il livello per il CLIL nelle discipline non linguistiche è il B2. Sarebbe bene pertanto rivedere complessivamente anche i livelli proposti dalla normativa originaria, perché evidentemente sono eccessivamente elevati per l’applicazione del CLIL nelle DNL.
  7. La Gilda degli Insegnanti rimarca ancora una volta come il MIUR sia sempre e costantemente in ritardo con le scadenze della scuola vera, quella fatta tutti i giorni dai docenti. La vera buona scuola, non certo quella immaginata dal documento Renzi che abbiamo fortemente criticato.

Venezia, 15 novembre 2014

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